Il crooner e soulman siciliano Mario Biondi è arrivato relativamente tardi al successo. È una forza della nostra musica oggi, conosciutissimo anche all’estero, ma fino al 2006 era apprezzato solo dagli appassionati del genere. Questi ultimi 10 anni sono racchiusi in un disco doppio, Best Of Soul, che riprende brani ormai classici del suo repertorio con l’aggiunta di 7 nuove incisioni. Tra cui Do You Feel Like I Feel (https://www.youtube.com/watch?v=c_3jA_u3iNg ) , scritto da Nicola Conte e già incluso nel suo album Love & Revolution.
Di cosa parla questo singolo?
È una cover in verità ma mi piaceva molto come apertura di questo progetto perché è fresco e richiama al Northern Soul degli anni Sessanta, è solare, vitale. L’avevo sentito nella versione di Nicola Conta e per una casualità ora torna nella mia vita così.
Come hai approcciato il disco celebrativo dei tuoi primi 10 anni di carriera?
Non ci ho messo molto il becco come arrangiatore o produttore, in questo senso sono tornato indietro ai miei esordi. È stato bellissimo fare l’interprete e soprattutto fare un pezzo come Gratitude, che è un ringraziamento al pubblico. Ma anche a tutti quelli che mi hanno accompagnato, dai musicisti al tecnico dei cavi sul palco. Ricordo tutti con gratitudine.
Riesci a elencare i punti salienti degli ultimi 10 anni per te?
L’inizio è stato particolare, a Catania non mi davano la spinta, anzi, spesso mi consigliavano di cambiare genere, se non mestiere. Ricordo anche un discografico straniero che mi disse: un italiano che fa il soul internazionale non ha mai funzionato e mai ci sarà. Poi l’affermazione con If è stata determinante, devo ringraziare Renato Zero per come mi ha sostenuto. E poi è arrivato l’estero, con tanti concerti importanti, Londra, Tokyo con i sold out al Blue Note.
Credi di aver aperto un varco?
Beh, oggi dai Kolors in giù non c’è cantante italiano che non fa qualcosa in inglese. Sono contento perché secondo me le nuove generazioni sono sempre migliori di quelli che li hanno preceduti. Anche io son meglio di mio padre con cui ho iniziato a fare musica. Come Nicolò Fragile che da così giovane ha lavorato con Mina e ora è in questo disco.
Sembri sempre a tuo agio sul palco, come affronti il pubblico?
Quando vado a suonare nei templi della musica che ho ascoltato tutta la vita, non ti nascondo che ho un timore reverenziale perché fa effetto. Ma in fondo sono uno che si vuole divertire, racconto sempre tante cose dal palco, ho un legame diretto con chi mi viene a sentire. Non rinuncio a questo aspetto e faccio bene, perché un sacco di persone mi scrivono il giorno dopo avermi sentito.
Dicci una volta per tutte se l’accostamento a Barry White ti piace o ti infastidisce!
Non mi piace essere succedario di qualcuno, poi non sarebbe rispettoso per la sua memoria. Sicuramente è una personalità musicale a cui ho tributato sempre degli omaggi. Ma non è stato il mio maestro, sai, per me il riferimento è stato sempre Al Jarreau.
Tu sei uno che studia sempre, cosa ti ha influenzato della musica italiana?
Zucchero è stato il primo a farmi capire che qualcosa che mi piaceva si poteva fare in italiano. Quando sentivo Fabio Concato e quelle atmosfere quasi bossanova di respiro internazionale ero ispirato. Il Baglione di Oltre è stato illuminante. Potrei andare avanti e dirti che Edoardo De Crescenzo è molto sottovalutato, aveva una vocalità soul notevole. Cocciante con la sua verve vocale strepitosa…come vedi anche in Italia non ci siamo fatti mancare niente.
Il tour di Mario Biondi parte il 6 marzo da Genova e prosegue fino al 24 aprile a Roma, poi Europa e Asia. Biglietti sul circuito Ticketone.
Christian D’Antonio