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CARRA’ E CO. SONO IN “FORMAT”

DiChristian D'antonio

Mar 6, 2013

foto: Christian D'Antonio
foto: Christian D’Antonio

The Voice è un talent show che scopre voci più che personaggi. Arriva in Italia, dopo essere stato visto in 64 paesi, con coach d’eccezione come Christina Aguilera, Tom Jones, Shakira. Da noi– a voi il compito di commentare se il cast regge il confronto – ci saranno Riccardo Cocciante, Noemi, Piero Pelù e Raffaella Carrà. A naso, a giudicare da come hanno presentato il programma alla stampa, i coach (per favore, non giudici) sembrano affiatati e politically correct. Specie Cocciante sembra genuinamente interessato a trovare la voce della nuova “trasmissione” (da quanto non sentivate un vocabolo simile?).

Il format televisivo di successo mondiale può anche non dire niente, ma il montaggio e l’effetto visivo e di regia è davvero innovativo per la tv italiana. Raffaella Carrà dice: «Ho visto La Voz in Spagna perché tutti mi chiedevano di interessarmi al programma e letteralmente una settimana dopo, quando sono rientrata a Roma, mi hanno proposto di condurlo. Mi è sembrato il modo migliore per tornare dopo 4 anni». La Carrà è il cardine più “televisivo” del cast (anche se rivendica simpaticamente il suo passato di artista musicale). E ne capisce i meccanismi: «Anche il Sanremo di Fazio era uguale a se stesso ma è sembrato completamente diverso per il metodo. Questo non è il solito talent perché non ci sono ricami sul look o drammatizzazione. Il televoto interverrà solo in ultima fase».
 

COME FUNZIONA – Si inizia giovedì 7 marzo in prima serata su Rai2. Conduce Fabio Troiano con la V-Reporter Carolina Di Domenico. L’aspetto, l’età, il look, il pubblico: nulla di questo conta, all’inizio. Conta solo la voce. E alla fine ne resterà soltanto una, quella che – il 30 maggio – sarà la trionfatrice di “The Voice of Italy”. La prima fase del programma è quella delle blind audition delle quali, oltre alle voci “sconosciute”, sono protagonisti i quattro coach che nelle prima fasi, non vedono i candidati: seduti di spalle, devono ascoltare solo la voce per scegliere ciascuno sedici cantanti tra tutti quelli che salgono sul palco. Così ogni coach si crea la propria squadra. Le esibizioni sono tutte dal vivo con una band di 13 elementi.

Le cover spaziano dal repertorio italiano e straniero di ieri e oggi, un punto centrale ancora molto legato al tradizionale talent show. Ogni coach ascolta e, se ciò che sente gli piace, schiaccia il pulsante I want you. Solo a questo punto la sedia si gira, mettendolo faccia a faccia con il “suo” cantante. Ma può anche succedere che più coach scelgano la stessa voce: in questo caso è il cantante in gara a scegliere con chi andare. «E ce ne diamo di santa ragione quando succede – dice scherzosamente Noemi – ma sempre con classe perché questa è alla base del programma. Io non credo di dovermi per forza differenziarmi dalla tv del televoto o dai talent, ormai sono parte integrante della nostra vita».

Un po’ più estremo Pelù, forse la sorpresa del cast perché il rock puro e anti non è mai entrato nell’establishment televisivo prima di questo show: «Ho accettato perché secondo me questo non è un talent show, è un meccanismo diverso che fa emergere il dialogo con gli artisti, la costruzione musicale con una vera band e azzera 40 anni di tv fondata sull’immagine. Finalmente conta solo la voce».

Più o meno concorde Cocciante, tra i 4 la stella musicale sicuramente più brillante, in termini globali, visto che è cantante di successo da decenni anche all’estero: «Ho vinto la ritrosia e il mio starmene lontano dalle telecamere perché voglio che questa tv sia un cambiamento, anche per la società. In ogni genere artistico c’è il bene e il male, io vorrei che la musica fosse presa sul serio in Italia e magari aiutata anche a livello governativo come avviene in Francia. Dobbiamo iniziare a far passare questo concetto».

Memore dell’enorme consenso di pubblico che ha raccolto anche all’estero, la Carrà però stabilisce lo standard: «Qui si fa musica e si fa pop, non c’è niente di male. Vi fa schifo Lady Gaga? Credo che nessuno possa dirlo, ma non so perché quando si parla di pop sembra sempre un genere minore. E le cose più appetibili all’estero sono le melodie gioiose, spensierate. Qui tracciamo un percorso».
CHRISTIAN D’ANTONIO

Christian D'antonio

Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)