• 14/05/2024

Provate a spiegare a un teen ager della generazione iPad cosa significava per gli adolescenti degli anni 80 un lancio di un singolo di successo. Innanzitutto più che il motivo cantato stesso, erano i vestiti, i gesti, l’immagine che l’artista proiettava a catturare l’attenzione. Ora il teen ager vi dirà: e dove si vedeva tutto questo? Difficile immaginarlo oggi che è tutto digitalizzato e al massimo ciò che ci richiama a una canzone di Rihanna è la durata e il peso (orrore!) del file. Lezione di ripasso: comprategli Put The Needle On The Record (Matthew Chojnacki, Schiffer) un compendio dell’artwork dei singoli di maggior successo e non degli anni 80. L’autore li mette a confronto, li cataloga per temi o assonanze visive, ci fa riscoprire copertine dimenticate (“erano in vendita solo per pochi mesi perchè poi ne uscivano degli altri” dice a ragion veduta nell’introduzione dei vecchi 45 giri).

La chiave di lettura più affascinante di quest’opera unica nel suo genere (vista dagli occhi di un americano, va detto) è tutta nella scelta della prefazione e conclusione. Il libro si apre con un interessante punto di vista di Jake Shears (Scissor Sisters) che sostanzialmente pensa in positivo: la magia dell’artwork sta per tornare grazie all’invenzione più recente della Apple, l’iPad appunto, che per le sue dimensioni tornerà a dar giustizia all’elemento visivo. Bisogna capire se dopo 20 anni di assenza c’è ancora nelle case discografiche un design department capace di competere con le innovazioni e la creatività del decennio in questione. La chiusura del racconto per immagini è affidata a Nick Rhodes dei Duran Duran, uno che di arte visiva se ne intende e che ha portato il dettaglio delle copertine al massimo durante la fase più commerciale della band. Non vi sveliamo le conclusioni a cui arriva Rhodes, ma possiamo anticiparvi che nelle oltre 250 copertine passate in rassegna dettagliata troverete sorprese di livello inimmaginabile (Basquiat e Harring), poca roba da parte degli artisti che dominavano Mtv (Madonna, Prince e Michael Jackson erano evidentemente più impegnati a far bella figura nei video) e tantissima new wave inglese. Tanto per capirci, lo stile e i dettami stilistici di quell’epoca, è proprio vero che venivano dall’Europa.

CHRISTIAN D’ANTONIO

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Christian D'antonio

Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)