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Incontro con Filippo Graziani: per Sanremo 2014 è in partenza con Le Cose Belle

DiChristian D'antonio

Feb 18, 2014

filippo graziani christian d'antonioA chi è capitato di sentire in radio o in tv il singolo di Filippo Graziani Le Cose Belle (http://www.youtube.com/watch?v=y4e_VxPaZoY) non è sfuggita la ricercatezza dell’arrangiamento e il potere evocativo delle citazioni. Il cantautore di 32 anni (sì, è proprio lui, il figlio del grande Ivan Graziani scomparso nel 1997) ha mescolato suoni anni 80 con un testo che è una denuncia sulla delusione della generazione cresciuta proprio in quegli anni: «Uno sguardo a una generazione con un piede in un secolo e uno in un altro, cresciuta alla luce della televisione degli anni ‘80 che ha proposto un modello di futuro fatto di cose belle mai arrivate, e che perciò fanno male – racconta Filippo in merito al brano sanremese – Esattamente come tra due amici seduti davanti a una birra che parlano del passato, del presente e del futuro che si vogliono creare».

Si può odiare e amare gli anni 80 allo stesso momento? Il problema non si pone, bastano le citazioni del pezzo (Cure su tuti) per spiegare la dicotomia che sentiremo sul palco dell’Ariston: “Mi piace l’idea di confrontarmi con l’orchestra, ma voglio tenere tutto suonato del mio brano, nonostante sia ricco di synth. Al momento so ascoltando molto pop anni 80 dai Devo agli Ultravox. e si sente nella musica che faccio. Per me il festival è una partenza, un modo per lanciare”.

Filippo non è proprio un giovane inesperto che si getta nella mischia. Alle spalle ha la Warner, l’eleganza degli abiti Emporio Armani. E soprattutto grande gavetta fatta nei club di tutta Italia, infatti il suo nome non dovrebbe cogliervi di sorpresa.

A 18 anni mette mano alla chitarra e percepisce subito la sua grande affinità con questo strumento. Con il fratello Tommy, già navigato batterista, inizia così a fare serate dal vivo nei club e locali di tutta Italia per poi arrivare ad aprire concerti e a dividere il palco con artisti come Renato Zero, Vibrazioni, Morgan, Negramaro, Nicolò Fabi, Max Gazzè, e altri.

Nel 2008 forma il gruppo Stoner-rock Carnera e a 25 anni i si trasferisce a New York dove suona nei club del Lower East Side, arrivando ad essere headliner nello storico Arlene’s grocery, club che ha visto gli albori di artisti del calibro di Jeff Buckley e degli Strokes. Contemporaneamente scrive canzoni in italiano contaminate dal sapore folk elettronico del nord degli Stati Uniti. Della sua esperienza americana ci dice: “Ho deciso di tornare perché è bello vedere cose diverse, farsi le seratine e capire come intendono la musica all’estero ma dopo un po’ mi sento legato al mio paese e nonostante le esperienze bellissime, decido di tornare. La fuga è tale se dura poco. Sono legato ai cappelletti in brodo, alla mia casa, alla montagna. È come fare un master all’estero: impari molto, passeggi nelle strade che hanno ispirato i tuoi idoli, Lou Reed o Ramones e poi te ne devi tornare”.

Di ambizioni nella musica ne ha tante: (“Se dovessi sognare un duetto lo farei con Paul McCartney o Jeff Buckley”) e spiega così il suo approccio all’arte: “Non è stato un innamoramento graduale. È stata sempre una costante nella mia vita, c’è stato un momento che però mi ha fatto decidere che sarebbe stata questa la mia strada. Avevo 18 anni, sapevo fosse faticoso, ma forse oggi lo è ancora di più perché la società è cambiata, sono cambiate le regole e secondo me Sanremo per chi fa questo mestiere è diventata l’unica cosa grossa che resta per chi non vuole fare musica nei reality show. L’hip hop magari ha altri spazi in questo momento in Italia, ma per il resto, oltre a Marco Mengoni e pochi altri, chi ha una carriera dalla tv? Chi riesce a emergere? I giovani che escono dai talent tra l’altro, iniziano a essere anche tantissimi. È come il Grande Fratello: ti ricordi di Taricone e basta. Se ci fossero stati i reality 30 anni fa pensate a Guccini, non sarebbe mai uscito fuori”.

Si definisce “pugile amatoriale” (“ Non lascio mai la corda a casa, mi devo scaricare prima di salire su quel palco e la corda mi serve”) ma ammette di essere un introverso, come le canzoni del suo album (Le Cose Belle, in uscita il 20 febbraio) lasciano intendere: “Non sono un competitivo nella musica e non ho la faccia. Nonostante abbia fatto una prima edizione di Destinazione Sanremo, con Pippo Baudo più di dieci anni fa, non mi sono abituato a essere trattato da carne da macello”.

Prima di lasciarlo, e confidargli che noi come molti puntiamo su di lui per una vittoria, vogliamo che ci dica qualcosa sul padre, visto anche che un paio di anni fa è stato coinvolto in prima persona per il Tributo a Ivan Graziani, che dice di aver affrotnato con molta serenità: “Essere figlio d’arte di chiude delle strade ma te ne apre delle altre. Per esempio quando mio padre è mancato e io ho intrapreso la carriera di musicista, ho potuto far leva su molte persone che mi avevano visto crescere e dopo ho capito che erano degli artisti, delle persone il cui incoraggiamento o giudizio valeva molto. Che ne so, sei tenuto in braccio da Pepi Morgia e dopo scopri che è stato un regista fantastico. È stata una fortuna averlo vicino. Mi ha insegnato, mi ha aiutato a stare su un palco, molte persone come lui, della sua generazione, in qualche modo si sono presi cura di me quando mio padre non l’ha potuto fare. Il conflitto con un genitore che ha fatto il mio stesso mestiere non esiste, anche perché non può alzare il telefono e segnalarmi”.
CHRISTIAN D’ANTONIO

Christian D'antonio

Christian D'Antonio (Salerno, 1974) osserva, scrive e fotografa dal 2000. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista dal 2004. Redattore di RioCarnival. Attualmente lavora nella redazione di JobMilano e collabora con Freequency.it Ha lavorato per Panorama Economy, Grazia e Tu (Mondadori), Metro (freepress) e Classix (Coniglio Ed.)